Geni o Lari

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view post Posted on 4/2/2010, 16:22

~WARHEART ~

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Premetto che non ne so nulla, e quindi copiancollerò qualcosa in modo da sviluppare l'argomento.
Che ora come ora perlomeno mi ha destato interesse.

Nella religione romana, il Genio (lat. Genius, plurale Genii) è uno spirito o, più correttamente, un nume * tutelare, considerato come il custode benevolo delle sorti delle famiglie e dei singoli. Nel tentativo di chiarirne la natura ne sono state date definizioni approssimative, come "anima", "principio vitale", "angelo custode".

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Numen, plurale Numina, era il termine latino (da cui deriva l'italiano Nume) per esprimere la potenza divina. Il significato iniziale di cenno divino e quindi di volontà divina si estese per metonimia ad esprimere il concetto di divinità stessa.

Il riferimento non è a un dio specifico, ma a un'entità superiore indefinita e potente, tipico della fase più arcaica della religione latina e romana, legata ai fenomeni naturali nei quali era intravista la potenza divina, il numen appunto, non necessariamente personificata in un dio preciso, ma diffusa negli elementi naturali, come il tuono o il fulmine, ma anche nei bacini lacustri o nelle foreste, resi sacri dalla presenza divina (come nel caso del lago di Nemi, al centro di un culto antichissimo sovrinteso da un re sacro). Al sistema di divinità indeterminata e diffusa appartenevano i lari e i penati, protettori delle famiglie e delle città. In taluni casi il numen prendeva la forma di una divinità personificata, ne sono esempio:

* il cielo-Giove;
* la terra-Tellus;
* la crescita del grano-Cerere;
* il fuoco-Vesta;
* guerra-Bellona;
* il passaggio-Giano;
* la gioventù maschile-Marte.

Nel tempo alcune di queste divinità sotto l'influenza della mitologia greca vennero ad assumere un carattere sempre più personificato, perdendo parte del loro aspetto naturale, ma per lungo tempo la religione tradizionale romana, soprattutto nel suo sostrato più profondo, rimase pervasa della presenza di queste forze indefinite.

Nell'età imperiale il concetto di numen venne utilizzato nel culto imperiale per riferirsi al Genio dell'Imperatore, cioè lo spirito tutelare della persona dell'imperatore cui era rivolto il culto imperiale. In tal modo fu possibile tributare all'imperatore un carattere religioso tipico della tradizione orientale del re-dio, ma altrimenti non concepibile nella religione romana, dove non sarebbe stato concepibile attribuire un carattere divino ad una "persona".


Natura del Genio

Nonostante le critiche di Walter Otto, si è generalmente pensato (es. Kurt Latte e Georg Wissowa) che al Genio associato ad ogni maschio corrispondesse una Iuno associata ad ogni femmina e che tale binomio Genio-Iuno risalisse alle origini del pensiero religioso romano, ma secondo Georges Dumézil questa sarebbe una semplice congettura senza fondamento e il binomio sarebbe apparso molto più tardi. Infatti nelle commedie di Plauto ci sono abbondanti riferimenti al Genio ma nessuno alla Iuno e bisogna attendere fino a Tibullo perché se ne cominci a parlare. Inoltre, in un'iscrizione d'età repubblicana si fa menzione, oltre che del Genius Iovis, anche del Genius Victoriae (anziché una ipotetica Iuno Victoriae). In origine dunque, e fino all'età augustea, il genio doveva riguardare tutti, uomini e donne.

Il Genio era definito da Censorino cuius in tutela ut quisque natus est uiuit. E infatti la festa del Genio è il compleanno dell'individuo, il dies natalis. Veniva ritenuto uno spirito buono, una specie di angelo custode che nasce con l'individuo, lo accompagnava e ne dirige le azioni nel corso dell'intera vita.

La parte del corpo in rapporto con il Genio è la fronte
. Dice infatti Servio che "la fonte è consacrata al Genio, per cui quando lo veneriamo ci tocchiamo la fronte" (frontem Genio (consecratam esse), unde uenerantes deum tangimus frontem[6])

Il Genio era raffigurato di solito come un serpente in Cicerone, in Giulio Ossequente
Il Genio raffigurato come un serpente, nel larario della casa dei Vetti, a Pompei.
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Non c'era un giudizio univoco sul destino del genio dopo la morte dell'individuo: secondo Orazio scompare, secondo Ovidio no.

Nel corso del tempo e per analogia con gli uomini, anche agli dèi fu attribuito un Genio. La più antica attestazione è la già citata epigrafe risalente al 58 a.C.

L'attribuzione del Genio si estese anche alle famiglie (Genio del pater familias), allo Stato, alle province, ai collegi, alle unità militari e il genio dell'imperatore vivente divenne oggetto di culto pubblico con Augusto. Roma stessa aveva un Genio, di cui Servio ricorda la dedica su uno scudo custodito in Campidoglio: Genio urbis Romae siue mas siue femina. Non è chiaro se il Genius populi romani, raffigurato come un giovinetto, sia lo stesso Genio dell'Urbe o se sia una divinità distinta anche se equivalente. Questo Genio aveva un tempio nel Foro, vicino al tempio della Concordia.

L'attribuzione di un genio ad ogni luogo fu dovuta forse all'assimilazione del Genio con i Lari che si trova in Censorino. Dice infatti Servio che "nessun luogo è senza un genio" (nullus locus sine Genio). Non sembra però che si sia mai avuta la concezione di un Genio associato alle cose inanimate.
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I Lari (dal latino lar(es), "focolare", derivato dall'etrusco lar, "padre") sono figure della mitologia romana che rappresentano gli spiriti protettori degli antenati defunti che, secondo le tradizioni romane, vegliavano sul buon andamento della famiglia, della proprietà o delle attività in generale.

Naturalmente, i più diffusi erano i Lares familiares, che rappresentavano gli antenati. L'antenato veniva raffigurato con una statuetta, di terracotta, legno o cera, chiamata sigillum (da signum, "segno", "effige", "immagine"). All'interno della domus, tali statuette venivano collocate nella nicchia di un'apposita edicola detta larario e, in particolari occasioni o ricorrenze, onorate con l'accensione di una fiammella.

Servio scrisse che il culto dei Lari era stato indotto dall'antica tradizione di seppellire in casa i morti. Secondo la testimonianza di Plauto i Lari venivano rappresentati come cani e le loro immagini venivano conservate nei pressi della porta di casa. Una fra le più diffuse iconografia li presenta come giovinetti che indossano una corta tunica ed alti calzari, mentre versano del vino dal rhyton in coppe.

Wikipedia



Nella tradizione romana i Lari e i Penati sono divinità legate ai luoghi abitati dagli uomini.
articolo tratto da commenti sugli scritti di Elio Ermete.


Pare che il termine Lare sia presente anche nella tradizione etrusca, dove esseri divini sono rappresentati con le ali. Alcuni hanno associato l’idea di “Lare etrusco” a quella di “angelo cristiano”. Si noti che il Lare etrusco ha le ali ed è rappresentato generalmente nell’atto di sollevarsi in volo; il termine angelo proviene dal greco anghelos, che significa “messaggero”. Cosa abbastanza curiosa il dio Mercurio è definito Messaggero ed è rappresentato con i calzari alati. Certamente in tutte le tradizioni ciò che è rappresentato con le ali si richiama a dimensioni superiori e alla comunicazione con queste.

Se è vero, come dicono Elio Ermete e altri grandi maestri delle tradizioni, che ogni divinità rappresenta/è un forza, allora i Lasa etruschi rappresentano/sono una forza di ascensione e comunicazione col cielo, allo stesso modo di Mercurio e dei Lari Romani e degli angeli cristiani. A prova di ciò si può richiamare un antico rito in uso in alcuni luoghi della Calabria:

Le sere dei giorni di festa la tavola viene apparecchiata con una tovaglia di lino bianco e con un posto in più dove vengono servite le stesse portate degli altri. Finita la cena si lascia la tavola pulita e apparecchiata col cibo nel posto riservato al “lareddru”. La notte non si passa dalla cucina per non infastidire questo presunto ospite. Se al mattino il piatto si trova vuoto si dice che “u Lareddru ha gradito” (il Laretto ha gradito). Questo antico rito di offerta al Lare della casa si tramanda in alcune famiglie di madre in figlia (essendo le donne a occuparsi della cucina) e alla domanda “cosa è u lareddru” si usa rispondere che è l’angioletto che abita la casa.


Si evince da ciò un’assimilazione dell’antico rito sotto una forma cristiana e che chiaramente il termine Lareddru derivi dal termine Lare con l’assunzione di un suffisso diminutivo –ddru, forse finalizzato a rendere questa figura originaria della religione precedente più accettabile a chi vede con cattivo occhio il perpetrarsi di determinate forme tradizionali.

Il Lare è una divinità domestica e gli si officiano offerte e il rituale su esposto svela che determinate tradizioni hanno assunto una nuova veste ma si sono mantenute.

Castaneda definisce i luoghi concavi abitati da spiriti; il suo maestro pensa che esistano anche nelle automobili e in tutti i luoghi artificialmente prodotti dagli uomini, come ad esempio nelle case. Se ciò fosse valido anche per la tradizione romana avremmo una risposta significativa alla domanda: perché nei luoghi abitati vi sono Lari e nelle campagne Geni?

Perché il Lare è richiamato dall’azione artificiale dell’uomo, il Genio dall’azione della Natura di creare un luogo. Riscontriamo nelle città antiche la presenza di specifiche divinità all’interno delle mura urbane, altre venerate in santuari all’infuori di queste stesse mura.

Una stessa divinità può essere un Lare cittadino o il Genio di un promontorio. Perché Venere è Lare dei Romani (insieme a Marte) ma allo stesso tempo Genius Loci al Capo Ericino? Perché nella creazione della città di Roma in un modo o in un altro Venus è stata attratta dai luoghi prodotti dagli uomini, ad Erice Venus era già presente prima come Genius Loci, riconosciuta tramite una sua epifania dagli uomini, ordinò l’erezione di un suo Santuario, dunque fu attratta precedentemente dalla Natura che creò il capo.

Una simile interpretazione bene spiega il perché dell’assioma romano: i Lari vivono nei luoghi abitati dagli uomini. Essendo il Lare un ente vivente, invisibile a meno che non decida di presentarsi materialmente, è una forza agente che interagisce con l’ambito umano. Si hanno conseguentemente un’infinità di forze agenti in diversi aspetti: i Lari familiari (quindi i geni protettori della famiglia), i Lari compitali (abitanti degli incroci), i Lari triviari (abitanti dei trivi), i Lari della casa intesa come luogo fisico. I Lari familiari, il Genio di ogni componente della famiglia, le genialità che si occupano della dispensa (i penati appositamente evocati) rientrano nella cerchia dei Lari domestici. Perché queste divinità agiscano a nostro favore necessitano una serie di riti atti a creare una collaborazione tra essi e gli uomini (una sorta di Pax domestica, per riprendere le parole di Elio Ermete).

Nella tradizione romana i gentili attuano una serie di pratiche di realizzazione dell’individuo a partire dall’età dei 18 anni con l’assunzione della toga virile. Il richiamo agli antenati ha finalità evolutive, poiché si richiamano anime che conoscono la via di realizzazione dell’individuo e possono aiutare i loro discendenti; per questo motivo comunemente si usano considerare gli antenati membri dei Lari familiari.


Nella rituaria gentile il praticante conosce i propri Lari ed Elio Ermete nelle sue “Conclusiones Gentiles” spiega che: “Vesta è la più onorata, poiché il suo fuoco tutto permette...” , che i Lari rientrano nella gerarchia divina da lui esposta e che “la divinità gentilizia sempre segue la famiglia, nei luoghi in cui essa sceglie di vivere, così il genio di ognuno segue il suo amato ovunque e sempre…i penati possono essere ri-evocati anche in un nuovo luogo di abitazione ma il Genius Loci, il Lare che abita una casa, è sempre quello…esistono metodi di chiamata, di esorcismo e allontanamento dei Lari fastidiosi e mezzi per farseli tutti amici…ma la chiave di tutto è sempre il carattere del gentile, che gli permette di avere buone relazioni con gli uomini e con gli dei,…”

Valete Bene,
Kern
Comitato Occidente
[www.festivaloccidente.it]


C’è un'unica moneta romana sulla quale vengono raffigurati i Lari: si tratta di un denario della Gens Caesia,

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emesso nel 112 (RRC 298/1). Al diritto Apollo Vejovis, una divinità ambigua e poco nota con caratteristiche miste tra Apollo e Giove. Al rovescio due figure sedute su una roccia, imbraccianti un’asta. Tra loro un cane, una delle due figure posa una mano sulla testa del cane. Le due figure sono i Lares, anime degli antenati e protettori della casa, raffigurati in coppia nell’atto di fare la guardia.
Nel sentimento religioso romano esseri divini erano presenti in tutto l'universo, nei fenomeni atmosferici e in ogni atto della vita individuale, familiare, sociale e politica. Quindi un numero straordinario di divinità presiedeva a ogni fase della vita umana (nascita, infanzia, adolescenza, matrimonio, morte); il proprio Genio proteggeva ogni individuo; Lari e Penati custodivano l'ambito domestico; specifici dei vegliavano sulla città; Lemuri e Mani erano categorie diverse delle anime dei morti. La religione romana prese le mosse dall'animismo, in cui le forze naturali possono essere blandite solo da un rito magico. In seguito furono formalmente catalogate le numerose potenze divine negli Indigitamenta. Si trattava di precisi rituali per indicare nomi e attributi dei dii certi, che dovevano essere invocati in modo corretto.
I Lari erano spiriti tutelari, che i Romani credevano fossero le anime di persone morte, che facevano ufficio di protettori, nell'interno delle case di ciascuno, sul proprietario, sulla sua famiglia e la sua sostanza. Non erano considerati divinità, come i Penati, ma solo spiriti guardiani. La famiglia romana, quindi, si componeva non solo dei membri ancora in vita, ma anche di quelli trapassati, dei quali bisognava mantenere l'onore ed il rispetto.
I Lari venivano rappresentati con statuine di giovani coronati da lauro, tunica corta; talvolta i giovinetti erano coperti da pelle di cane ed avevano piedi di cani : ciò esaltava la loro funzione di fedeltà e di guardia. Il culto si esprimeva mediante una porzione del vitto familiare offerto loro su piccoli piatti; nei giorni di festa si aprivano i loro altari e si ornavano con ghirlande votive. Quando una sposa entrava nella casa del marito, il suo primo dovere era offrire un sacrificio ai Lari.
Secondo Ovidio, i Lari erano due gemelli nati dalla ninfa Lara ed erano gli Dei protettori della proprietà agraria.
Secondo varie fonti, talora contraddittorie, i Lari esistevano in molte varianti o tipi a seconda della specifica protezione che apportavano:

Lares familiares – la famiglia nella domus
Lares compitales: incroci delle strade
Lares Patrii, la patria
Lares Permarini i viaggi marini
Lares Praestites, mantenevano l’ordine tra gli altri Lari
Lares rurales, i campi
Lares Viales, i viaggiatori.
Presto tuttavia i romani persero il sentimento di queste divinità immanenti e subirono l'influenza delle divinità greche tramite gli etruschi e la Magna Grecia, fino a importare a Roma l'intero Olimpo. Verso la fine dell'età repubblicana sopraggiunsero infine i culti orientali dall'Asia minore, dalla Siria e dall'Egitto
 
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Ancilla Deorum
view post Posted on 4/2/2010, 17:19




Bello bello!!! Grazie mille!! :)
 
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§aoir§e
view post Posted on 7/2/2010, 13:28




bella lezione...brava skayler...
 
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Mefistofelica
view post Posted on 16/9/2010, 13:25




Uh sì ho studiato questo genere di "divinità protettrici" quando ero in primo liceo, l'ho sempre trovato un argomento molto interessante. :)
 
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)O( Isthar_Zora )O(
view post Posted on 9/12/2010, 14:53




favolosa questa ricerca!!!! sapevo qualcosa riguardo i Lari, o meglio mio marito che è aprecchio al dentro di queste cose mi ha spiegato qualcosa, però devo dire che mi ha colmato molte lacune in merito! grazie *-*
 
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Aradia1989
view post Posted on 6/11/2011, 09:44




Stupendo :) credo che queste entità esistano da sempre,solo che ogni nazione\tradizione\religione gli dia un nome diverso :)
 
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)Persefone(
view post Posted on 29/11/2014, 20:40




Credo proprio che Aradia abbia ragione:)
 
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6 replies since 4/2/2010, 16:16   129 views
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