Le Ninfe

« Older   Newer »
  Share  
*°Arthanis°*
view post Posted on 14/6/2009, 18:37






La mitologia greca annovera molte ninfe, semidivinità della natura. Vi sono molti miti su di esse, questi le associano spesso ai satiri, da cui la tendenza sessuale della ninfomania. Le ninfe erano figlie di Giove o Urano ed i loro miti sono legati a divinità maggiori come Artemide, Apollo, Poseidone, Demetra, Dioniso o ancora a degli dei minori come Pan o Ermes o Fontus.
Ninfe sono anche chiamate le compagne di Diana e quelle della grotta di Coricio ( Parnaso) vengono identificate con le Muse. Oggetto di pesanti attenzioni da parte dei Satiri, le ninfe, in quanto creature tutelari dell'ambiente naturale erano venerate in alcuni ambienti, presso grotte, boschi e sorgenti, infatti in epoca romana principalmente, furono allestiti molti "ninfei" nei giardini.

Ci sono diversi tipi di ninfe, a seconda dell'ambiente naturale in cui vivono:

- Agrostine: dei campi
- Aloniadi: dei burroni
- Alseidi: dei boschi e delle foreste, si dice terrorizzino i viandanti che attraversano le selve. Anche se dispongono di una vita molto lunga, queste creature non sono immortali. Si manifestano in forma di giovani e bellissime fanciulle in grado di ammaliare gli uomini. Ce ne sono anche di magnanime che sono in grado di curare le ferite mediante erbe e donare protezione e passione ai viandanti. (Un esempio ne sono Callisto ed Anthea, due sorelle, legate sentimentalmente a Diana, la dea della Caccia).
- Avernali: dei fiumi invernali
- Cure: nutrici dei neonati
- Driadi (o Amadriadi): sono ninfe abitatrici dei boschi che vivono e muoiono con gli alberi che le ospitano sotto la loro corteccia. Sono esseri immortali spesso rappresentate con la parte inferiore del corpo simile al tronco di un albero a cui sono "attorncigliate".
- Epimelidi: protettrici dei meli degli ovini
- Meliadi (o Melie): delle piante di frassino, nate dal sangue di Urano caduto su Gea. Sono connesse alla nascita dell'uomo. Si dice proteggano i bimbi abbandonati sotto gli alberi.
- Naiadi: sono figlie di Nereo e Doride che presiedono tutte le acque dolci della terra, hanno speciali facoltà di guaritrici e profetiche. Vengono suddivise in Potameidi (dei fiumi),Pegee (ninfe delle fonti) e Limniadi (ninfe delle acque stagnanti).
- Napee: sono ninfe che presiedono le valli ed i prati. Creature che prediligono la solitudine anche se, alle volte, hanno relazioni con gli eroi dai quali vogliono fedeltà assoluta. Spesso molestate ed inseguite dal dio Pan ed i Satiri con i quali convivevano.
- Nereidi: dei mari (dette anche Oceanine o Malie)
- Oreadi (od Orestiadi): delle montagne

Molte di queste creature sono protagoniste di miti: Eco, Canens, Artusa, Dafne e molte altre incrociano i loro destini con Dei e uomini.
Queste creature hanno le sembianze di attraenti fanciulle vergini (in età da marito) e, hanno indole positiva. Infatti sono benefattrici e rendono fertile la natura.
Sono mortali ma, la loro è una vita lunga...alcune di loro guariscono i mali...I fidanzati che si vanno a bagnare nelle acque delle loro sorgenti saranno da esse protette e, molte volte le si vede danzare nei boschi al suono del vento leggero.
Entrano in contatto con uomini e donne per portare loro l'ispirazione. I loro amanti sono Dei ma anche uomini comuni: Euridice (moglie di Orfeo), Melausina, la stessa madre dell'eroe Achille.
Le ninfe greche sono più tardi state assimilate alle divinità romane delle fontane,sorgenti e fiumi.
Tra le ninfe più celebri, si può nominare Eco, la ninfa del monte Elicona. Era le tolse la possibilità di proferire parola, così Eco non poté più ripetere altro che le ultime parole pronunciate da altri.


Ondina




Nelle acque trasparenti e cristalline del lago di Carezza, che gli antichi chiamavano lago dell’arcobaleno, si vedono riflessi tutti i colori dell’iride.
Narra la leggenda che tanto tempo fa - quando le sorgenti erano limpide e le acque non contaminate ospitavano ninfe e fate gentili - in questo lago viveva una deliziosa creatura di nome Ondina. Un po’ fata e un po’ sirena, Ondina abitava la profondità delle acque ed emergeva soltanto attorno al mezzogiorno, per assaporare il tepore dei raggi del sole.
Un giorno, i suoi capelli biondi e i suoi occhi blu furono notati da un mago malvagio, padrone del bosco, che subito s’innamorò di lei. Ma appena si avvicinò, Ondina scomparve sott’acqua, lasciando il mago con un palmo di naso. Come fare ad attirare di nuovo la ninfa in superficie? Dopo averci pensato a lungo, il mago decise di creare un arcobaleno e di spacciarsi per un mercante di gioielli. I colori sospesi nell’aria e le gemme, pensò, avrebbero attirato certamente la fanciulla. Poi lui l’avrebbe tenuta per sempre prigioniera nel bosco. In effetti, appena l’estremità del grande arcobaleno venne a posarsi sulle acque del lago, Ondina comparve curiosa e forse sarebbe caduta nel tranello se il mago, impaziente di afferrarla, non fosse inciampato, perdendo i baffi e la barba finta del travestimento. La ragazza lo riconobbe subito e con un’allegra risata si rituffò e scomparve.
Il mago capì che non sarebbe mai più riuscito a ingannarla e preso da furore cominciò a sdradicare alberi e a lanciare macigni nel lago. Urlava come un ossesso, disperato. Infine afferrò l'arcobaleno e, dopo averlo frantumato in mille pezzi, lo scaraventò in acqua. Ondina, al riparo nel suo rifugio segreto, vide tutta la scena e quando il mago sconfitto si ritirò nella selva, riemerse per raccogliere i frammenti dell'arcobaleno, con i quali continuò a giocare. Ogni tanto, prosegue la leggenda, Ondina si diverte a sbriciolare pezzi di arcobaleno, poi sceglie i colori e cosparge le cime dei monti di polvere rosa.

(Tratto da:..::Il magico mondo delle fate::..)

Posto una serie di storie, leggende rinvenute online su http://lupus.forumfree.net/

Leggenda del Lago della Ninfa

Un giorno un giovane cacciatore giunse alle rive del Lago della Ninfa.
Stanco, si sedette per rinfrescarsi il volto con l’acqua, quand’ecco un’apparizione incredibile affascinò la sua vista. Sull’altra riva del lago era apparsa una fanciulla incredibilmente bella, che guardò il cacciatore fissandolo con i suoi occhi stranamente verdi. Il ragazzo ne rimase sconcertato e l’amore divampò in lui immediatamente.
La giovane guardò ancora il cacciatore, rise e si allontanò, scomparendo rapidamente.
Allora egli la rincorse affannosamente, in vano inseguimento.
Ai carbonai che incontrava chiedeva notizie. “E’ la ninfa che si pettina al sole” rispondevano i carbonai, “una creatura malefica. Guai a chi si innamora di lei: è perduto!”. Così dicevano i carbonai, ma il giovane non credette loro.
Ritornò il giorno successivo al lago, ed ecco che ancora la creatura meravigliosa gli apparve sull’altra sponda. Così accadde per vari giorni; ma una volta il giovane, non sopportando più quel gioco crudele, le urlò il suo amore. Essa allora lo guardò a lungo con i suoi occhi verdi trasparenti e gettò sul lago per magia un iridescente ponte di cristallo, indirizzando al giovane un canto dolcissimo.
Il cacciatore si lanciò incontro alla bella ed era già a metà del ponte, quando questo si dissolse ed il promesso bacio della fanciulla ebbe il sapore delle gelide acque del lago. La morte del giovane riportò il silenzio sugli alti prati dominati da aspre montagne.
I carbonai commentarono variamente l’accaduto. Alcuni dissero che la ninfa, per punizione, era stata tramutata in dura roccia. Altri invece affermarono che la fanciulla si pentì e, disperata, volle affidarsi all’innamorato nello stesso abbraccio di morte: si tuffò, anch’essa nelle acque ghiacciate e morì.
Da allora avviene, talvolta, che si possano vedere sulla superficie del lago, fluttuare due nuvolette vicine.
________________________________________

Leggenda del Lago Trasimeno

Il nome Trasimeno deriva da una famosa leggenda che narra l’amore fra la ninfa Agilla e Trasimeno, figlio di Tirreno.

Si racconta che un giorno, mentre Trasimeno si stava bagnando nelle acque del lago, sentì dei canti che provenivano da un grande palazzo dell’isola Polvese.
Il principe, incuriosito da quel canto angelico, si recò sul luogo e scoprì che quel canto usciva dalla melodiosa voce di una stupenda ragazza, che viveva nelle acque del lago. Il giovane si innamorò così tanto di quella ninfa, di nome Agilla, che ogni giorno si recava sulle rive del lago per ascoltarla.
I due, ben presto, coronarono il loro sogno d’amore, sposandosi. Trasimeno, però, non potendo vivere costantemente con Agilla, non esitò a gettarsi nelle acque per rimanere eternamente con la dolce amata.
La sua morte diede a questo lago il suo nome, che da quel giorno si chiamò, appunto, Trasimeno.
________________________________________

La leggenda di Aci e Galatea

Appena i primi raggi di sole toccarono le magiche acque, dell'arcipelago lacheo, da queste balzarono fuori le dolci ninfe dalla pelle color latte. Gioiose e festanti si diressero sulla spiaggia.
L'incantevole luogo le accolse con la sua natura ridente. Le graziose ninfe, si misero a giocare sulla riva inseguendosi con allegre grida di richiamo, ma i dolci suoni non poterono che destare l'attenzione del ciclope Polifemo abitante quei luoghi. D'un tratto apparve dalla collina il gigantesco figlio di Poseidone. L'occhio solo che gli spiccava sul volto, in mezzo alla fronte, suscitò un terribile spavento nelle ninfe, ma il ciclope sparì all'improvviso così come era apparso. Polifemo, signore del luogo e ministro di Efesto, il dio del fuoco, lavorava con gli altri ciclopi nella sua fucina, all'interno dell'Etna, dove venivano fabbricati i fulmini per Zeus e si creavano opere mirabili come l'armatura di Achille.Di tanto in tanto nei giorni seguenti Polifemo fece nuovamente le sue brevi apparizioni alle ninfe così che queste vi si erano ormai abituate. Il ciclope aveva messo il suo occhio su Galatea e chi non lo avrebbe fatto: era bella e dolce come nessun'altra creatura, quando si muoveva sembrava danzasse con lei tutta la natura, padrona di quei luoghi.
La ninfa ogni giorno, quando il disco solare cominciava a scendere verso occidente, lasciava la spiaggia dove erano le proprie sorelle e si dirigeva verso la scogliera. Li stava ad attenderla Aci, un pastorello del luogo di cui la ninfa era innamorata. Il giovane pastore era figlio del dio Pan, protettore dei monti e dei boschi .
Aci amava Galatea tanto quanto lei e appena la ninfa spuntava gli occhi gli si riempivano di gioia e il cuore gli batteva, cosi forte che i battiti si mescolavano a i suoni della natura.
"dolce amore sono qui, come potrei vivere senza di te", diceva Galatea appena giunta.
E Aci ogni qualvolta, ella arrivava, gli ripeteva:"Rimani sempre con me, la mia capanna immersa nel bosco, al di là della collina, sarà la nostra dimora d'amore".
Galatea sapeva che non gli era concesso allontanarsi per sempre dalla regia di Poseidone, dio di tutti i mari, ma ugualmente rincuorava il suo amato: "Ogni giorno che il mare carezzerà questa incantevole spiaggia io sarò con te".
I due amanti stretti nel loro amore attendevano le prime ombre della sera, che pian piano scendevano dalle colline fino al mare e,che segnavano il loro quotidiano distacco.
"Amore a domani", così dicendo Galatea tornava ad immergersi nelle spumeggianti acque dell'arcipelago lacheo.
Una mattina i gioiosi giochi delle ninfe furono interrotti da un satiro messaggero di Polifemo.
"oh ninfa galatea il grande Polifemo desidera che tu venga con me", esclamò subito. La dolce galatea, sorpresa, non ebbe il tempo di aprir bocca che il satiro: "Io ti condurrò nella sua dimora affinché tu diventi la sua sposa".
Galatea irruppe in pianto. Le ninfe allora le si avvicinarono e la consolarono. Poi la dolce ninfa ancora con le lacrime agli occhi disse rivolta al satiro: "Va da Polifemo e digli che sono lusingata della sua proposta, ma io non posso amarlo perchè il mio cuore è già di Aci".
Detto questo la ninfa si lasciò nuovamente andare allo sconforto: "perché, perché proprio io, dolce amore che stai nei boschi ancora all'oscuro dei tormenti che ci attendono".
Intanto il satiro con la cattiva notizia era giunto davanti all'ingresso della grotta di Polifemo.
Il Ciclope sentitolo arrivare gli si fece incontro.
"Dimmi satiro dov'è Galatea?"
Il satiro timoroso tentennava ma poi non poté fare a meno di raccontargli tutto.
Un urlo bestiale uscì dalla gola del terribile Ciclope.
Sradicati decine di alberi con le sue possenti mani, prese il satiro e lo lancio contro una roccia. Colmo di rabbia cominciò a battere con i pugni sulle pareti della grotta, e lo sconquasso fece tremare tutta la montagna.
"Maledetto Aci, tu piccolo insignificante pastorello rubi a me signore di questi luoghi, figlio di Poseidone, l'amore di Galatea". Il Ciclope ancora pieno d'ira si incammino verso la spiaggia con nefaste intenzioni.
Intanto Aci e Galatea si erano incontrati come al solito e la ninfa, ancora con gli occhi arrossati aveva raccontato tutto al suo pastorello.
"Amor mio asciugati le lacrime, basta esser tristi, ti giuro che mai, ne Polifemo, ne altri mostri potranno dividerci". Aci, dette queste parole, strinse la ninfa in un tenero abbraccio, poi Galatea come al solito si immerse nell'acqua per andare via.
Mentre Aci si stava incamminando per il bosco, pensando ancora al suo amore, gli apparse il terribile Polifemo.
Il Ciclope accecato dalla gelosia sradicò dal suolo una enorme roccia e la lanciò addosso ad Aci, schiacciandolo. -
Il corpo del povero pastorello era, lì, sotto la roccia senza più vita.
Appena la notizia giunse a Galatea questa accorse dove era il corpo di Aci. Alla vista del suo amore gli si gettò addosso piangendo tutte le lacrime che aveva in corpo. Il pianto senza fine di Galatea destò la compassione degli Dei che vollero attenuare il suo tormento trasformando Aci in un bellissimo fiume che scende dall'Etna e sfocia nel tratto di spiaggia dove solevano incontrarsi i due amanti.
________________________________________

La leggenda della Fonte di Aretusa


...Nella regione del sole e del sorriso, nacque da Oceano e da Teti un mitico cacciatore: Alfeo.La sua passione x la caccia lo teneva lontano dalle donne ke spasimavano x lui, tanto ke la dea Venere decise di intervenire chiamando in aiuto Cupido.
La notte era scesa. Una di quelle notti nelle quali la stella Diana splende sovrana vicino al triangolo di stelle nel cielo, ke sembra disegni la forma di Trinacria, la bella isola a forma di cuore, e ke come il cuore palpita al centro del Mediterraneo d'amore e di dolore nella intera storia della sua esistenza.
Cupido volò tra le stelle e i cieli, scese nell'ora del riposo e apparve in sonno ad Alfeo, entrando da padrone nei suoi sogni.
" Alfeo,vai domani a Siracusa, scendi in Ortigia, ricca di quaglie e tanti meravigliosi uccelli e lì ti aspetta una sorpresa meravigliosa, attende solo te x rivelarsi".
Così Alfeo all'alba,dominato dal sogno appena fatto,andò felice nella terra indicatagli da Cupido.
Il mare brillava alle luci del primo mattino...scorse finalmente Ortigia e si apprestò alla caccia con l'arco e la faretra. Mentre stava x colpire una preda, si fermò, rimase folgorato da una quaglia tutta d'oro...la guardava incantato.
Pensò Alfeo" il sogno nn mi ha ingannato" così tese l'arco e scoccò la freccia. La quaglia colpita cadde a terra e,meraviglia delle meraviglie, si trasformò in una bellissima ninfa entro una vasca d'argento, dalle forme divine e tali da cadere in ginocchio in adorazione,così come fece Alfeo ke esclamò "oh visione sublime,il dio nn mi ha ingannato, tu 6 la sorpresa di un dono degli dei !"
Ma la ninfa,rossa x la vergogna, gli gridò "vattene, io sono Aretusa, ninfa di Artemide ho fatto voto di castità. Vattene oppure verrai colpito dalla sua ira."
" Oh Aretusa, il tuo nome suona dolce al mio cuore, le tue membra sono quanto di + bello uno possa immaginare. No, nn posso andarmene. Fuggire sarebbe tradire il mio cuore. Voglio amarti fino all'ultimo respiro! "
Aretusa fu turbata dalle parole di Alfeo, ma rimase fedele al suo voto e iniziò a correre x scappare dal cacciatore. Ma Alfeo, essendo figlio di Oceano e Teti, era + veloce del vento e iniziò a correrle dietro. Ma quando stava x afferrarla e abbracciarla apparve Artemide, invocata dalla bella ninfa, ke trasformò Aretusa in una fonte d'acqua zampillante.
Non si avvilì Alfeo; chiamò il padre ,Oceano , chiedendogli di trasformarlo in fiume, e così fu. Ormai diventato fiume andò con le sue acque canore a gittarsi nella bellissima fonte e a celebrarne le dolci forme x sempre.
Ancora nei nostri giorni, la fonte di Aretusa è celebrata da tutti i visitatori, palme, papiri, piante tropicali circondano il canto delle acque ke a tutti coloro ke amano, sussurra parole arcane d'amore!!!!...e giusto il 15 gennaio è il giorno ke si celebra questa bella storia d'amore...
________________________________________


Ambra e Ombrone

Ambra, la bellissima ninfa dagli occhi ora verdi ora argentei, danzava in una radura, vestito l'agile corpo flessuoso soltanto di raggi di luna. L'Ombrone che accompagnava il palpito della notte estiva con la dolce melodia delle sue acque, la vide e se ne innamorò perdutamente.
Ma la ninfa sdegnosa lo fuggì. Invano il fiume le mormorò parole appassionate, invano tentò di attirarla tra i suoi flutti. Ma Ombrone non si diede per vinto e prese ad inseguirla, ora vezzeggiandola, ora implorandola ed infine minacciandola ben decisa a ghermirla.
E corsero e corsero i due, per i dirupi, per le strette forre, per la pianura aperta, fin tanto che le forze di Ambra non cominciarono a scemare. E già Ombrone stava per afferrarla quando la ninfa, sentendosi perduta, invocò l'aiuto di Diana. L'implorazione giunse alla dea che subito bloccò Ambra in una rocciosa isoletta. Diana, specializzata nel sistema di trasformare le ninfe nelle cose più impensate, si vantava di questa sua originalità ed aveva già cambiato in una fontana, nell'isola di Ortigia, la ninfa Aretusa sedotta da Alfeo. La leggenda però narra che Alfeo, figlio di Oceano e di Teti, trasformato a sua volta in fiume, attraversò da Arcadia tutto lo Jonio per raggiungere la sua amata fontana e vi riuscì felicemente in barba a tutti i divieti della dea crudele.
Lo sapeva anche Ombrone che Diana non aveva nessuna pietà per i fiumi innamorati delle ninfe, ma conosceva anch'egli la storia dei fluidi amanti di Ortigia e la sua felice soluzione, perciò non disperò, anzi si ostinò a voler vincere con la costanza e la fedeltà, continuando ad amare l'improvvisata isoletta. La circondò della spuma più candida, vi sostò nelle notti di luna per abbracciarla perdutamente e blandirla con nenie sommesse o canti sonori.
Ma la roccia muta e fredda non aveva un fremito e il pianto del fiume si innalzava in canto. Lo udivano i colli boscosi, la pianura sconfinata, le spiagge lunate, le fruscianti pinete; lo udivano i butteri nelle nottate all'addiaccio, i solitari pastori, gli amanti infelici ed erano percorsi da un brivido di commozione.
Intanto il tempo passava e il fiume fedele continuava ad aspettare e a consumare la roccia a furia di baciarla e di lambirla. Forse la ninfa prigioniera lo udiva e fremeva nella dura pietra sognando le corse sulle verdi rive del fiume e le danze al chiaro di luna. E forse, chi sa, come Dafne pentita nell'attimo stesso in cui il padre la trasformava in albero, invocava il dio Apollo al quale aveva voluto sfuggire (" Oh, Apollo Febo, strappami da terra...." ) anch'essa, Ambra, amava ora Ombrone che con tanta costanza e tanta passione la invocava. Ma Diana implacabile non ascoltava.
E ancora Ombrone invoca e aspetta.
L'amore e la forza del fiume certo riusciranno un giorno a consumare l'isoletta ridotta già alle proporzioni di un grosso sasso in mezzo all'acqua che le gorgoglia attorno, ma ormai non sono più questi i tempi da leggende, ed egli, il povero, vecchio Ombrone, dovrà convincersi che era meglio cantare e piangere e spasimare attorno a uno scoglio entro il quale credeva racchiuso il bene agognato, che avere la cruda certezza di avere sognato ed aspettato invano.
- Piangere non è male quando si piange per qualcuno - sussurra al fiume un grande cipresso carico d'anni e di esperienze - male è quando si piange per niente - .
Le antiche casette di Sasso d'Ombrone, alte sul colle, raccontano la storia di Ambra e di Ombrone alle casette nuove che ascoltano irridenti e scanzonate proprio come i giovani di oggi, ed aspettano per vedere quanto ci mette il vecchio fiume a consumare quel sasso in mezzo all'acqua.

Aggiungo un dipinto di Waterhouse che amo:



 
Top
*°Lolindir°*
view post Posted on 14/6/2009, 19:02




Aggiungo un'altra leggenda, presa dalle Metamorfosi di Ovidio

image

Apollo e Dafne, Di lorenzo bernini, Galleria Borghese, Roma
Nel testo di Ovidio Apollo si era vantato di saper usare come nessun altro l'arco e le frecce, per la sua presunzione Cupido lo punisce colpendolo e facendolo innamorare della bella ninfa Dafne, la quale però aveva consacrato la sua vita a Diana e alla caccia.

L'amore di Apollo è irrefrenabile, Dafne chiede aiuto al padre Penéo, dio dei fiumi, il quale per impedire ai due di congiungersi la trasforma in un albero, il lauro, che da quel momento diventerà sacro per Apollo.

 
Top
*°Arthanis°*
view post Posted on 14/6/2009, 19:07




Splendida questa di Dafne ed Apollo *_*
Segnalo tra l'altro la pubblicazione di uno sfiziosissimo romanzo "Per amor degli Dei" ambientato a Londra, nei giorni nostri, analizza in chiave moderna le personalita' di Apollo, Afrodite, Atena e via discorrendo
 
Top
Lunaegizia
view post Posted on 14/6/2009, 21:29




..che belle storie di ninfe.. sapete a proposito della statua di Apollo e Dafne..quando l'ho vista..non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso..sembravano...veri..impressionante la bravura del Bernini..
 
Top
view post Posted on 14/6/2009, 23:37

~WARHEART ~

★★★★★★★★★

Group:
Sacerdotessa Founder
Posts:
4,181
Location:
isola di avalon

Status:


:rolleyes: ma bellessa, ottimo lavoro tata... sono felice che tu sia tornata qui.
Io non conosco nulla sulle ninfe quindi mi fa estremo piacere.
 
website  Top
LyLyth
view post Posted on 16/11/2011, 17:56




Ragazze/i io sto cercando del materiale sul culto vero e proprio delle ninfe... qualcuno può darmi delle dritte?
 
Top
legnogrezzo
view post Posted on 23/6/2012, 15:42




Le Ninfe erano divinità minori, nell'antica Roma ogni fontana era dedicata ad una Ninfa, nell'alto Vicentino esiste tutt'ora una sorgente denominata "Brassavalda" derivante dalla lingua Cimbra che significa acqua del bosco, quindi è presieduta da Ninfe della roccia e del bosco, sempre nel comune di Altissimo vicenza esistono diverse grotte dette delle anguane (Ninfe)..
 
Top
6 replies since 14/6/2009, 18:37   8199 views
  Share