La Vergine di Guadalupe

« Older   Newer »
  Share  
LiulyButterfly
view post Posted on 25/1/2011, 11:30




Riporto l'articolo in lingua e la traduzione di google :-)

image



Las Estrellas del Manto de la Virgen

INTRODUCCIÓN

El Día del Milagro

El martes 12 de diciembre de 1531 ocurrió la aparición de la Santa Imagen de la Virgen de Guadalupe en el ayate de Juan Diego. La mañana de ese mismo día tuvo lugar el solsticio de invierno, que para las culturas prehispánicas significaba: el Sol moribundo que vuelve a cobrar vigor, el nacimiento del nuevo Sol, el retorno de la vida. Ya que el solstico de invierno es el punto en el cual la tierra, en su recorrido en torno al Sol, da un cambio de dirección en su orbita y comienza a acercarse al astro rey. Con este cambio de dirección se tiene la impresión de que el Sol va recobrando su fuerza y que el invierno va debilitándose.

Para los indígenas el solsticio de invierno era el día más importante en su calendario religioso, era el día en que el Sol vence a las tinieblas y surge victorioso. Por esto no es casual que precisamente en ese día la Virgen de Guadalupe haya presentado a su Hijo Jesús a los pueblos indígenas porque así ellos pudieron comprender que Ella traía en su seno al Dios verdadero.

¿Qué hay en el Manto de la Virgen de Guadalupe?

De acuerdo con el doctor Juan Homero Hernández Illescas se comprueba, con admirable exactitud, que en el manto de la Virgen de Guadalupe está reproducido el cielo del momento de la aparición: la mañana del solsticio de invierno de 1531.

En el manto están representadas las estrellas más brillantes de las principales constelaciones visibles desde el Valle del Anáhuac aquella madrugada del 12 de diciembre de 1531. Allí están las constelaciones completas. Las estrellas se encuentran agrupadas como en la realidad. Deslumbrantes testimonian la grandeza del milagro.

LAS CONSTELACIONES DEL MANTO

A) Lado Izquierdo de la Virgen

En el lado izquierdo del manto de la Virgen (a nuestra derecha porque la vemos de frente) se encuentran “comprimidas” las constelaciones del sur:

Cuatro estrellas que forman parte de la constelación de Ofiuco (Ophiucus).

Abajo se observa Libra y a la derecha, la que parece una punta de flecha corresponde al inicio de Escorpión (Scorpius).

Intermedias con la porción inferior, se pueden señalar dos de la constelación de Lobo (Lupus) y el extremo de Hidra (Hydra).

Hacia abajo se evidencia la Cruz del Sur (Crux) sin ninguna duda, y a su izquierda aparece el cuadrado ligeramente inclinado de la constelación de Centauro (Centaurus).

En la parte inferior, solitaria, resplandece Sirio.

de Boyero (Bootes), hacia abajo a la Izquierda le sigue la constelación de la Osa Mayor (Ursa Maior) en forma de una sartén. La rodean: a la derecha arriba, la cabellera de Berenice (Coma Berenices), a la derecha abajo, Lebreles (Canes Venatici), a la izquierda Thuban, que es la estrella más brillante de la constelación de Dragón (Draco).

Por debajo de dos estrellas (que todavía forman parte de la Osa Mayor), se percibe otro par de estrellas de la constelación del Cochero (Auriga) y al oeste, hacia abajo, tres estrellas de Tauro (Taurus).

De esta manera, quedan identificadas en su totalidad y en su sitio, un poco comprimidas, las 46 estrellas más brillantes que rodean el horizonte del Valle de México.

Conclusión

La extraordinaria distribución de las estrellas en el manto de la Virgen no puede ser producto del azar. Pues ninguna distribución al azar puede representar con exactitud y en su totalidad las constelaciones de estrellas de un momento determinado.

De hecho, un estudio iconográfico de 150 pinturas de la Virgen de Guadalupe de los siglos XVII y XVIII, realizado por el Dr. Hernández , no encontró ni una sola copia en la cual se pudieran reconocer las constelaciones presentes en la tilma de Juan Diego.

En opinión del Dr. Juan Homero Hernández Illescas, la Virgen de Guadalupe aparece completa en el firmamento para ofrecer, con su manto celestial, protección a todo el mundo.

++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++


Le Stelle del Manto de la Virgen

INTRODUZIONE

Miracolo Giorno

Martedì scorso 12 dicembre 1531 venne l'avvento della Sacra Immagine di Nostra Signora di Guadalupe su ayate di Juan Diego. La mattina di quel giorno ha avuto luogo il solstizio d'inverno, il che significava per le culture ispaniche: il sole morente per caricare di nuovo vigore la nascita del nuovo sole, il ritorno della vita. Dato il solstizio d'inverno è il punto in cui la terra nel suo viaggio intorno al Sole, è un cambiamento di direzione nella sua orbita e inizia ad avvicinarsi al sole. Con questo cambiamento di indirizzo ha l'impressione che il Sole sta riacquistando la sua forza e che l'inverno si indebolirà.

Per gli indiani il solstizio d'inverno è stato il giorno più importante del loro calendario religioso è stato il giorno il sole vince le tenebre ed emerge vittorioso. Per questo non è un caso che proprio in quel giorno la Vergine di Guadalupe è stata presentata al Suo Figlio Gesù ai popoli indigeni per modo che potessero capire che lei portava in grembo il Dio vero.

Cosa offre il manto della Vergine di Guadalupe?

Secondo il Dr. Juan Homero Hernández Illescas è trovato, con notevole precisione, che nel mantello della Vergine di Guadalupe è riprodotto nel cielo il momento di apparizione: la mattina del solstizio d'inverno nel 1531.

Nel mantello sono rappresentate le stelle più brillanti delle costellazioni principali visibile dalla Valle di Anahuac quella mattina del 12 dicembre 1531. Ci sono l'intera costellazione. Le stelle sono raggruppati come nella realtà. Splendida testimonianza della grandezza del miracolo.

CONSTELLATION del mantello

A) Lato sinistro della Vergine

Sul lato sinistro del mantello della Vergine (alla nostra destra, perché si vede da davanti) sono "compressi" le costellazioni del sud:

Quattro stelle come parte della costellazione di Ofiuco (Ofiuco).

Pound note qui sotto, a destra, che sembra una freccia rappresenta l'inizio della Scorpion (Scorpione).

La pre-intermedio, può puntare a due dei costellazione del Lupo (Lupus) e la fine di Idra (Hydra).

Verso il basso evidenza la Croce del Sud (Crux) senza alcun dubbio, e il suo sinistro è la piazza leggermente inclinata nella costellazione del Centauro (Centauro).

In fondo, solo, Sirio splende.

di Pastore (Boote), giù a sinistra seguita dalla costellazione dell'Orsa Maggiore (Ursa Maior) sotto forma di una padella. La circondano: a destra in su, i capelli di Berenice (Coma Berenice), fino Hounds (Cani da Caccia), a sinistra Thuban, che è la stella più luminosa della costellazione del Drago (Draco).

Qui di seguito due stelle (che sono ancora parte del Grande Carro), vediamo un altro paio di stelle nella costellazione del Auriga (Auriga), e ad ovest, verso il basso, tre stelle nella costellazione del Toro (Toro).

In questo modo, sono pienamente identificati e sul posto, un po 'compresso, le 46 stelle più brillanti l'orizzonte che circondano la valle del Messico.

Conclusione

La distribuzione straordinaria di stelle del manto della Vergine non può essere dovuto al caso. Per qualsiasi distribuzione casuale può essere rappresentato esattamente e completamente le costellazioni di stelle in un dato tempo.

Infatti, uno studio iconografico di 150 dipinti della Vergine di Guadalupe nel XVII e XVIII secolo, eseguita dal dottor Hernandez, non ha trovato un unico esemplare che potrebbe riconoscere le costellazioni presenti nel mantello di Juan Diego.

Secondo il Dr. Juan Homero Hernández Illescas, la Vergine di Guadalupe appare in piena nel cielo di offrire, con il suo manto celeste protezione di tutto il mondo.
Ascolta
Trascrizione foneticaDizionario - Visualizza dizionario dettagliato
 
Top
fatanera1989
view post Posted on 25/1/2011, 18:40




madonna,cerridwen....questa secondo me è un altra prova che anche con nomi diversi e in religioni diverse stiamo parlando sempre della nostra Dea ;)
 
Top
LiulyButterfly
view post Posted on 26/1/2011, 10:50




Esattamente.E volendo o non volendo la Madonna è una delle rappresentazioni "sfigurate" che rimane ancora viva della Dea...
 
Top
LiulyButterfly
view post Posted on 4/4/2011, 10:40




I MISTERI DELLA TILMA
dal libro di Antonino Grasso: "GUADALUPE" - Gribaudi, Milano


L'IMMAGINE
La tilma su cui è impressa l'immagine della Vergine di Guadalupe, è costituita da due teli di ayate, un ruvido tessuto di fibre d'agave, usato dagli indios poveri per coprirsi. Le due parti sono unite da un filo molto sottile. L'immagine è di 143 centimetri, di carnagione un po' scura, per cui il popolo messicano affettuosamente la chiama Virgen Morena o Morenita. Essa è circondata da raggi solari, ha la luna sotto i suoi piedi, ed è sorretta da un piccolo angelo, le cui ali sono ornate di lunghe penne rosse, bianche e verdi. I tratti del volto sono tendenti al meticcio, per cui anche oggi, a distanza di secoli, la Vergine di Guadalupe appare tipicamente "messicana". Sotto un manto regale dal colore verde-azzurro coperto di stelle dorate, la Vergine indossa una tunica rosa coperta di fiori dorati e stretta sopra la vita da una cintura viola scuro che, presso gli aztechi, era il segno di riconoscimento delle donne incinte e, indica, quindi, la divina maternità di Maria.

IL DIPINTO E LA TILMA
In base ai risultati di approfondite analisi scientifiche, iniziate già nel 1666, sarebbe stato assolutamente impossibile dipingere ad olio o tempera un'immagine così nitida sull'ayate e conservarla così bene fino ad oggi. Secondo Miguel Cabrera, che condusse diversi esperimenti sulla tilma a partire dal 1751, l'immagine in sostanza non è un dipinto, essendo i colori come incorporati alla trama della tela e lo stesso tessuto dell'ayate avrebbe dovuto disgregarsi in breve tempo nelle pessime condizioni climatiche della radura ai piedi del Tepeyac. L'impossibilità a resistere in simili condizioni da parte di una pittura eseguita senza preparazione del fondo, è testimoniata dall'esperimento condotto dal medico José Ignacio Bartolache, il quale tra il 1785 e il 1787, fece realizzare da filatori e tessitori indigeni, diversi ayates, il più possibile simili a quello di Juan Diego. Dopo diversi tentativi e scelti quelli che sembrano più vicini, all'occhio e al tatto, all'originale, incaricò cinque pittori di eseguire copie della Morenita sulla tela non preparata, adoperando i colori e le tecniche di pittura in uso al tempo delle apparizioni. Una delle copie, precisamente quella dipinta nel 1788 da Rafael Gutiérrez, viene collocata il 12 settembre del 1789 sull'altare della Capilla del Pocito, da poco eretta accanto al santuario, ma ci rimane solo pochi anni: nonostante fosse protetta da due spessi cristalli, dovette essere rimossa dall'altare già nel 1796, perché completamente rovinata.

PROPRIETA' INSPIEGABILI DELLA TILMA
Nel 1791, alcuni operai, incaricati di pulire con una soluzione di acido nitrico la cornice d'oro che dal 1777 racchiudeva l'immagine, lasciarono cadere sulla tela parte della soluzione detergente. Stando alle leggi della chimica, l'acido nitrico, oltre a reagire con le proteine presenti nei tessuti d'origine vegetale dando loro un caratteristico colore giallo [reazione xantoproteica], interagendo con la cellulosa che costituisce la struttura portante delle fibre vegetali, avrebbe dovuto disgregare e distruggere la tilma. Invece il tessuto è rimasto inspiegabilmente integro, e le due macchie giallastre della reazione xantoproteica, che non hanno, comunque, toccato la figura della Vergine, sbiadiscono con il passare del tempo. A questo si aggiunga un altro fatto, ancora oggi inspiegabile, ma notato per la prima volta già nella seconda metà del secolo XVIII e via via costantemente confermato fino ai nostri giorni: l'ayate respinge gli insetti e la polvere, che invece si accumulano sul vetro e sulla cornice.
Nel 1936, il direttore della sezione di chimica del Kaiser Wilhelm Institut di Heidelberg, dottor Richard Kuhn, insignito del premio Nobel per la Chimica nel 1938, ha la possibilità di analizzare due fili, uno rosso e uno giallo, provenienti da frammenti della tilma di Juan Diego. I risultati delle analisi, condotte con le tecniche più sofisticate allora disponibili, sono incredibili: sulle fibre non vi è alcuna traccia di coloranti, né vegetali, né animali, né minerali.
Nel 1979, lo scienziato americano Philip Serna Callahan esegue una quarantina di fotografie all'infrarosso dell'immagine, sulle quali può compiere uno studio accurato. Tale studio conferma nella sostanza gli studi precedenti: la quasi totalità della figura fa tutt' un corpo con il tessuto dell'ayate, con l'eccezione di alcune parti, come le mani, che appaiono ridipinte per ridurre la lunghezza delle dita, l'intera parte inferiore compresa la figura dell'angelo, l'argento della luna, l'oro dei raggi solari e delle stelle, e il bianco delle nubi che circondano i raggi stessi, ritenuti da Callahan delle semplici "aggiunte". Non tutti gli scienziati sono d'accordo su questo, perchè sia la più antica descrizione dell'immagine, In tilmatzintli, scritta con ogni probabilità da Antonio Valeriano nella seconda metà del secolo XVI e pubblicata da Luis Lasso de la Vega nel 1649 insieme con il Nican mopohua , sia la copia presente alla battaglia di Lepanto, quindi anteriore al 1571, mostrano l'immagine come ci appare oggi. È quindi più probabile che gli interventi di mano umana individuati da Philip Serna Callahan siano, più che aggiunte, dei semplici ritocchi. In ogni caso, è significativo che anche le fotografie all'infrarosso abbiano dimostrato la natura "non manufatta" della parte essenziale dell'immagine guadalupana.

GLI OCCHI SEMPRE VIVI
I risultati più incredibili sono venuti dall'esame degli occhi della Vergine di Guadalupe. Secondo la legge ottica di Purkinje-Sanson, due ricercatori che la scoprirono nel secolo XIX, nell'occhio umano si formano tre immagini riflesse degli oggetti osservati: a) una sulla superficie esterna della cornea; b) la seconda sulla superficie esterna del cristallino; c) la terza, rovesciata, sulla superficie interna del cristallino stesso. Che tali immagini riflesse, oltre che negli occhi di una persona vivente, possono essere viste anche negli occhi di un volto umano dipinto su una tela è impossibile. Eppure, nel 1929, il fotografo Alfonso Marcué González, esaminando alcuni negativi dell'immagine della Madonna di Guadalupe, scorge nell'occhio destro qualcosa di simile al riflesso di un mezzo busto umano. La scoperta, viene confermata il 29 maggio 1951 dal fotografo ufficiale del santuario, José Carlos Salinas Chávez, che attesta con un documento scritto di aver notato riflessa nella pupilla del lato destro della Vergine di Guadalupe la testa di Juan Diego, e accerta subito la presenza anche sul lato sinistro" .
Negli anni successivi, Illustri oftalmologi, con osservazioni dirette compiute sulla tilma priva del vetro protettivo, individuano, nel solo occhio destro, la seconda e la terza immagine di Purkinje-Sanson. Nel 1979 l'ingegnere peruviano José Aste Tonsmann, esperto di elaborazione elettronica delle immagini, può analizzare i riflessi visibili negli occhi della Morenita, con il metodo dell'elaborazione elettronica, usato per la decifrazione delle immagini inviate sulla terra dai satelliti artificiali e dalle sonde spaziali. Con questo metodo, basato sulla scomposizione di una figura in punti luminosi e sulla traduzione della luminosità di ciascun punto nel codice binario del calcolatore elettronico, José Aste Tonsmann riesce a ingrandire le iridi degli occhi fino a 2500 volte le loro dimensioni originarie, e a rendere, mediante opportuni procedimenti matematici e ottici, il più possibile nitide le immagini in esse contenute. Il risultato ha, ancora una volta, dell'incredibile: negli occhi della Vergine, è riflessa l'intera scena di Juan Diego che apre la sua tilma davanti al vescovo Juan de Zumárraga e agli altri testimoni del miracolo. In questa scena è possibile individuare, da sinistra verso destra guardando l'occhio: un indio seduto, che guarda in alto; il profilo di un uomo anziano, con la barba bianca e la testa segnata da un'avanzata calvizie e da qualcosa di simile alla chierica dei frati; un uomo più giovane; un indio dai lineamenti marcati, con barba e baffi, certamente Juan Diego, che apre il proprio mantello, ancora privo dell'immagine, davanti al vescovo; una donna dal volto scuro; un uomo dai tratti spagnoli che si accarezza la barba con la mano. Tutti questi personaggi guardano verso la tilma, meno il primo, l'indio seduto, che sembra guardare piuttosto il viso di Juan Diego. Insomma, negli occhi dell'immagine di Guadalupe vi è come una istantanea di quanto accaduto nel vescovado di Città di Messico al momento in cui l'immagine stessa si formò sulla tilma. Al centro delle pupille, infine, si nota, in scala molto più ridotta, un'altra scena, del tutto indipendente dalla prima, in cui compare un vero e proprio gruppo familiare indigeno composto da una donna, da un uomo, da alcuni bambini, e - nel solo occhio destro - da altre persone in piedi dietro la donna.
La scoperta e la conferma scientifica della presenza di queste immagini negli occhi appare come la conferma definitiva dell'origine prodigiosa dell'icona guadalupana: è materialmente impossibile dipingere tutte queste figure in cerchietti di circa 8 millimetri di diametro, quali sono le iridi della Morenita, e per di più nell'assoluto rispetto di leggi ottiche scoperte solo un secolo dopo! Inoltre, la scena del vescovado come appare negli occhi, non è quella che poteva essere vista dalla supeficie della tilma, dato che vi compare Juan Diego con la tilma dispiegata davanti al vescovo. A questo proposito José Aste Tonsmann avanza l'ipotesi che la Vergine fosse presente, sebbene invisibile, al fatto, e abbia proiettata sulla tilma la propria immagine, avente negli occhi il riflesso di ciò che stava vedendo.

IL LINGUAGGIO DEGLI INDUMENTI
Anche gli indumenti della Vergine, sono avvolti dal mistero ed hanno profondi significati simbolici. In base ad uno studio scientifico, la disposizione delle stelle sul manto e dei fiori sulla veste sembra tutt'altro che casuale. Mario Rojas Sánchez, traduttore dei testi náhuatl sull'apparizione e studioso della cultura azteca, partendo dalla somiglianza fra i grandi fiori in boccio visibili sulla tunica della Vergine e il simbolo azteco del tépetl, cioè del monte, ha identificato sulla tunica una "mappa" dei principali vulcani del Messico; quanto alle stelle, invece, ha potuto accertare, grazie alla collaborazione dell'osservatorio Laplace di Città di Messico, che esse corrispondono alle costellazioni presenti sopra Città del Messico nel solstizio d'inverno del 1531 che cadeva proprio il 12 dicembre, non viste però secondo la normale prospettiva "geocentrica", ma secondo una prospettiva cosmocentrica, ossia come le vedrebbe un osservatore posto al di sopra della volta celeste.

[IMG]I MISTERI DELLA TILMA
dal libro di Antonino Grasso: "GUADALUPE" - Gribaudi, Milano


L'IMMAGINE
La tilma su cui è impressa l'immagine della Vergine di Guadalupe, è costituita da due teli di ayate, un ruvido tessuto di fibre d'agave, usato dagli indios poveri per coprirsi. Le due parti sono unite da un filo molto sottile. L'immagine è di 143 centimetri, di carnagione un po' scura, per cui il popolo messicano affettuosamente la chiama Virgen Morena o Morenita. Essa è circondata da raggi solari, ha la luna sotto i suoi piedi, ed è sorretta da un piccolo angelo, le cui ali sono ornate di lunghe penne rosse, bianche e verdi. I tratti del volto sono tendenti al meticcio, per cui anche oggi, a distanza di secoli, la Vergine di Guadalupe appare tipicamente "messicana". Sotto un manto regale dal colore verde-azzurro coperto di stelle dorate, la Vergine indossa una tunica rosa coperta di fiori dorati e stretta sopra la vita da una cintura viola scuro che, presso gli aztechi, era il segno di riconoscimento delle donne incinte e, indica, quindi, la divina maternità di Maria.

IL DIPINTO E LA TILMA
In base ai risultati di approfondite analisi scientifiche, iniziate già nel 1666, sarebbe stato assolutamente impossibile dipingere ad olio o tempera un'immagine così nitida sull'ayate e conservarla così bene fino ad oggi. Secondo Miguel Cabrera, che condusse diversi esperimenti sulla tilma a partire dal 1751, l'immagine in sostanza non è un dipinto, essendo i colori come incorporati alla trama della tela e lo stesso tessuto dell'ayate avrebbe dovuto disgregarsi in breve tempo nelle pessime condizioni climatiche della radura ai piedi del Tepeyac. L'impossibilità a resistere in simili condizioni da parte di una pittura eseguita senza preparazione del fondo, è testimoniata dall'esperimento condotto dal medico José Ignacio Bartolache, il quale tra il 1785 e il 1787, fece realizzare da filatori e tessitori indigeni, diversi ayates, il più possibile simili a quello di Juan Diego. Dopo diversi tentativi e scelti quelli che sembrano più vicini, all'occhio e al tatto, all'originale, incaricò cinque pittori di eseguire copie della Morenita sulla tela non preparata, adoperando i colori e le tecniche di pittura in uso al tempo delle apparizioni. Una delle copie, precisamente quella dipinta nel 1788 da Rafael Gutiérrez, viene collocata il 12 settembre del 1789 sull'altare della Capilla del Pocito, da poco eretta accanto al santuario, ma ci rimane solo pochi anni: nonostante fosse protetta da due spessi cristalli, dovette essere rimossa dall'altare già nel 1796, perché completamente rovinata.

PROPRIETA' INSPIEGABILI DELLA TILMA
Nel 1791, alcuni operai, incaricati di pulire con una soluzione di acido nitrico la cornice d'oro che dal 1777 racchiudeva l'immagine, lasciarono cadere sulla tela parte della soluzione detergente. Stando alle leggi della chimica, l'acido nitrico, oltre a reagire con le proteine presenti nei tessuti d'origine vegetale dando loro un caratteristico colore giallo [reazione xantoproteica], interagendo con la cellulosa che costituisce la struttura portante delle fibre vegetali, avrebbe dovuto disgregare e distruggere la tilma. Invece il tessuto è rimasto inspiegabilmente integro, e le due macchie giallastre della reazione xantoproteica, che non hanno, comunque, toccato la figura della Vergine, sbiadiscono con il passare del tempo. A questo si aggiunga un altro fatto, ancora oggi inspiegabile, ma notato per la prima volta già nella seconda metà del secolo XVIII e via via costantemente confermato fino ai nostri giorni: l'ayate respinge gli insetti e la polvere, che invece si accumulano sul vetro e sulla cornice.
Nel 1936, il direttore della sezione di chimica del Kaiser Wilhelm Institut di Heidelberg, dottor Richard Kuhn, insignito del premio Nobel per la Chimica nel 1938, ha la possibilità di analizzare due fili, uno rosso e uno giallo, provenienti da frammenti della tilma di Juan Diego. I risultati delle analisi, condotte con le tecniche più sofisticate allora disponibili, sono incredibili: sulle fibre non vi è alcuna traccia di coloranti, né vegetali, né animali, né minerali.
Nel 1979, lo scienziato americano Philip Serna Callahan esegue una quarantina di fotografie all'infrarosso dell'immagine, sulle quali può compiere uno studio accurato. Tale studio conferma nella sostanza gli studi precedenti: la quasi totalità della figura fa tutt' un corpo con il tessuto dell'ayate, con l'eccezione di alcune parti, come le mani, che appaiono ridipinte per ridurre la lunghezza delle dita, l'intera parte inferiore compresa la figura dell'angelo, l'argento della luna, l'oro dei raggi solari e delle stelle, e il bianco delle nubi che circondano i raggi stessi, ritenuti da Callahan delle semplici "aggiunte". Non tutti gli scienziati sono d'accordo su questo, perchè sia la più antica descrizione dell'immagine, In tilmatzintli, scritta con ogni probabilità da Antonio Valeriano nella seconda metà del secolo XVI e pubblicata da Luis Lasso de la Vega nel 1649 insieme con il Nican mopohua , sia la copia presente alla battaglia di Lepanto, quindi anteriore al 1571, mostrano l'immagine come ci appare oggi. È quindi più probabile che gli interventi di mano umana individuati da Philip Serna Callahan siano, più che aggiunte, dei semplici ritocchi. In ogni caso, è significativo che anche le fotografie all'infrarosso abbiano dimostrato la natura "non manufatta" della parte essenziale dell'immagine guadalupana.

GLI OCCHI SEMPRE VIVI
I risultati più incredibili sono venuti dall'esame degli occhi della Vergine di Guadalupe. Secondo la legge ottica di Purkinje-Sanson, due ricercatori che la scoprirono nel secolo XIX, nell'occhio umano si formano tre immagini riflesse degli oggetti osservati: a) una sulla superficie esterna della cornea; b) la seconda sulla superficie esterna del cristallino; c) la terza, rovesciata, sulla superficie interna del cristallino stesso. Che tali immagini riflesse, oltre che negli occhi di una persona vivente, possono essere viste anche negli occhi di un volto umano dipinto su una tela è impossibile. Eppure, nel 1929, il fotografo Alfonso Marcué González, esaminando alcuni negativi dell'immagine della Madonna di Guadalupe, scorge nell'occhio destro qualcosa di simile al riflesso di un mezzo busto umano. La scoperta, viene confermata il 29 maggio 1951 dal fotografo ufficiale del santuario, José Carlos Salinas Chávez, che attesta con un documento scritto di aver notato riflessa nella pupilla del lato destro della Vergine di Guadalupe la testa di Juan Diego, e accerta subito la presenza anche sul lato sinistro" .
Negli anni successivi, Illustri oftalmologi, con osservazioni dirette compiute sulla tilma priva del vetro protettivo, individuano, nel solo occhio destro, la seconda e la terza immagine di Purkinje-Sanson. Nel 1979 l'ingegnere peruviano José Aste Tonsmann, esperto di elaborazione elettronica delle immagini, può analizzare i riflessi visibili negli occhi della Morenita, con il metodo dell'elaborazione elettronica, usato per la decifrazione delle immagini inviate sulla terra dai satelliti artificiali e dalle sonde spaziali. Con questo metodo, basato sulla scomposizione di una figura in punti luminosi e sulla traduzione della luminosità di ciascun punto nel codice binario del calcolatore elettronico, José Aste Tonsmann riesce a ingrandire le iridi degli occhi fino a 2500 volte le loro dimensioni originarie, e a rendere, mediante opportuni procedimenti matematici e ottici, il più possibile nitide le immagini in esse contenute. Il risultato ha, ancora una volta, dell'incredibile: negli occhi della Vergine, è riflessa l'intera scena di Juan Diego che apre la sua tilma davanti al vescovo Juan de Zumárraga e agli altri testimoni del miracolo. In questa scena è possibile individuare, da sinistra verso destra guardando l'occhio: un indio seduto, che guarda in alto; il profilo di un uomo anziano, con la barba bianca e la testa segnata da un'avanzata calvizie e da qualcosa di simile alla chierica dei frati; un uomo più giovane; un indio dai lineamenti marcati, con barba e baffi, certamente Juan Diego, che apre il proprio mantello, ancora privo dell'immagine, davanti al vescovo; una donna dal volto scuro; un uomo dai tratti spagnoli che si accarezza la barba con la mano. Tutti questi personaggi guardano verso la tilma, meno il primo, l'indio seduto, che sembra guardare piuttosto il viso di Juan Diego. Insomma, negli occhi dell'immagine di Guadalupe vi è come una istantanea di quanto accaduto nel vescovado di Città di Messico al momento in cui l'immagine stessa si formò sulla tilma. Al centro delle pupille, infine, si nota, in scala molto più ridotta, un'altra scena, del tutto indipendente dalla prima, in cui compare un vero e proprio gruppo familiare indigeno composto da una donna, da un uomo, da alcuni bambini, e - nel solo occhio destro - da altre persone in piedi dietro la donna.
La scoperta e la conferma scientifica della presenza di queste immagini negli occhi appare come la conferma definitiva dell'origine prodigiosa dell'icona guadalupana: è materialmente impossibile dipingere tutte queste figure in cerchietti di circa 8 millimetri di diametro, quali sono le iridi della Morenita, e per di più nell'assoluto rispetto di leggi ottiche scoperte solo un secolo dopo! Inoltre, la scena del vescovado come appare negli occhi, non è quella che poteva essere vista dalla supeficie della tilma, dato che vi compare Juan Diego con la tilma dispiegata davanti al vescovo. A questo proposito José Aste Tonsmann avanza l'ipotesi che la Vergine fosse presente, sebbene invisibile, al fatto, e abbia proiettata sulla tilma la propria immagine, avente negli occhi il riflesso di ciò che stava vedendo.

IL LINGUAGGIO DEGLI INDUMENTI
Anche gli indumenti della Vergine, sono avvolti dal mistero ed hanno profondi significati simbolici. In base ad uno studio scientifico, la disposizione delle stelle sul manto e dei fiori sulla veste sembra tutt'altro che casuale. Mario Rojas Sánchez, traduttore dei testi náhuatl sull'apparizione e studioso della cultura azteca, partendo dalla somiglianza fra i grandi fiori in boccio visibili sulla tunica della Vergine e il simbolo azteco del tépetl, cioè del monte, ha identificato sulla tunica una "mappa" dei principali vulcani del Messico; quanto alle stelle, invece, ha potuto accertare, grazie alla collaborazione dell'osservatorio Laplace di Città di Messico, che esse corrispondono alle costellazioni presenti sopra Città del Messico nel solstizio d'inverno del 1531 che cadeva proprio il 12 dicembre, non viste però secondo la normale prospettiva "geocentrica", ma secondo una prospettiva cosmocentrica, ossia come le vedrebbe un osservatore posto al di sopra della volta celeste.

image
 
Top
Myrin
view post Posted on 21/4/2011, 01:32




e sti...O.o'...la faccenda degli occhi è incredibile...adesso vado a leggermi il miracolo come è avvenuto perchè non lo conoscevo...
 
Top
Flavius Iulianus
view post Posted on 23/8/2013, 11:37




Tutte le apparizioni della cosiddetta Madonna cristiana potrebbero essere apparizioni della Grande Madre, Lourdes e Fatima compresi.
 
Top
5 replies since 25/1/2011, 11:30   476 views
  Share